Concimi a base di ferro

La carenza di ferro è dovuta ad una riduzione dell’assorbimento e della traslocazione dell’elemento e all’effetto tampone del pH da parte del CaCO₃ che annulla l’acidificazione. Le piante che presentano questo problema sono soprattutto le colture agrarie come la vite; inerbire con graminacee permette di ridurre la clorosi ferrica.

Sale di ferro: il Fe⁺² si ossida facilmente a Fe⁺³; è un sottoprodotto dell’industria, solubile, poco efficiente in forma solida. Nei terreni alcalini va incontro a rapida insolubilizzazione; non può essere applicato per via fogliare perché tossico.

Chelato di ferro: combinazione tra ferro e base chelante, risultano molto efficaci. Sono composti organici contenenti ferro, solubili in acqua e assorbiti sia attraverso radici che dai tessuti delle giovani foglie. La somministrazione va ripetuta nel tempo perché evitano l’insorgenza del sintomo ma non eliminano il problema. L’efficacia dei chelati dipende dal composto organico che lega il ferro infatti sono degradati se esposti alla luce, nel contempo altri hanno vita breve in base al pH del suolo.

Complessi di ferro: costano meno rispetto ai chelati ma la loro efficacia è minore.

Solfato ferroso per uso agricolo e piriti: si presenta sotto forma cristallina (tipo neve) e quindi, si può distribuire sia a secco che in soluzione acquosa; 500 g/ceppo. Deve contenere almeno il 90% di solfato ferroso eptaidrato, solubile al 20% in acqua a 20°C (200 g per litro), con una tolleranza di 2.

Pirite per uso agricolo: prodotto polverulento costituito principalmente da solfuro di ferro (FeS₂), deve contenere almeno il 70% di FeS₂.

Letame: arricchito di solfato ferroso (FeSO₄) sul letame in fermentazione, si favorisce la formazione di complessi con la S.O. (compost, torba, lignite, ecc.).

Questi ultimi tre concimi, possono essere utilizzati anche come ammendanti e correttivi.