Nullo l’etilometro quando manca l’avvertimento

Si può pretendere che un guidatore conosca così bene le regole processuali per far valere i propri diritti mentre fa il test con l’etilometro? Retorica, non si può. Ma in Italia la retorica non basta.

E così, dopo anni di incertezze, è finalmente intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite che, con la sentenza n. 5396/15, ha confermato che se l’interessato non viene avvertito della sua facoltà di farsi assistere da un legale, non solo l’accertamento si annulla, ma la nullità può essere fatta valere fino alla sentenza di primo grado.

Orbene, che gli agenti cadano su tale cavillo non è certo fatto raro: spesso, infatti, tali test vengono effettuati in situazioni confuse, come dopo un incidente o quando il guidatore accampa scuse, difficoltà di movimenti o eccessiva loquacità. Così, o non lo si avvisa che può farsi assistere da un legale o, ancora più probabile, ci si dimentica di riportare l’avvertimento sui numerosi atti che poi vengono inviati al magistrato, poiché, giova ricordare, la guida in stato di ebbrezza non è solo e sempre una semplice violazione amministrativa (è questo il caso quando il tasso alcolemico è compreso tra 0,51 e 0,80 grammi/litro), ma, in molti casi, un reato. Ed in quest’ambito, l’avvertimento è obbligatorio, come previsto dall’articolo 114 delle Disposizioni di attuazione del Codice di procedura penale. Ma attenzione! Anche se la sentenza in oggetto non lo ricorda, per la giurisprudenza è ormai pacifico che, dopo aver avvertito l’interessato, gli agenti possono comunque procedere al test, se l’avvocato, il cui intervento sarebbe, ad esempio, utile per far seguire all’etilometro una più affidabile analisi del sangue, non arriva in tempi brevi, poiché, tale ritardo potrebbe inficiarne il risultato, non riflettendone più la situazione esistente al momento in cui l’interessato era alla guida.

Tale intervento della Suprema Corte è stato, però, necessario perché non era ancora chiaro fino a quale momento si potesse eccepire la nullità dovuta al mancato avvertimento. Pacifico è che questa sia una nullità «a regime intermedio», alla quale cioè si applica l’articolo 182, comma 2, del Codice di procedura penale, in virtù del quale quando la parte assiste all’atto, la nullità va eccepita, a pena di decadenza, prima del compimento dell’atto stesso (in questo caso, il test) o, quando ciò non è possibile, immediatamente dopo. Altrimenti, il termine per eccepirla si sposta a momenti successivi del procedimento. Il problema, quindi, sta sostanzialmente nel capire se, nel caso di specie, si rientri nella fattispecie dell’atto a cui la parte assiste o meno. E le Sezioni Unite spiegano che, in questo caso, l’interpretazione non può essere quella letterale, perché per «parte» che «assiste» all’atto non si può intendere esclusivamente l’interessato. Ed è, infatti, «da escludere che vi assista un soggetto in procinto di essere sottoposto a un accertamento indifferibile sulla propria persona». Occorre, quindi, attendere che “entri in scena” l’avvocato. Qui il paradosso: se l’interessato dichiarasse l’intenzione di chiamare il suo avvocato, da quel momento non potrebbe più eccepire il mancato avvertimento, essendosi dimostrato conscio del proprio diritto!

A cura di Maria Rosaria Paduano

04-12-2015

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *