Vinificazione in Bianco

Mentre i vini rossi sono ottenuti per fermentazione alcolica dei mosti in presenza di parti solide della bacca (bucce e semi), i vini bianchi provengono dalla fermentazione del solo succo d’uva.
Quindi la procedura standard per l’elaborazione dei vini bianchi, prevede che l’estrazione dei mosti e la loro chiarificazione più o meno spinta, precedono sempre la fermentazione alcolica.
Per la maggior parte dei grandi vitigni, gli aromi varietali e i loro precursori sono situati soprattutto nella buccia dell’uva o negli strati sottostanti, ma queste zone sono egualmente le più ricche di sostanze a odori erbacei o a sapori amari tanto più quanto le uve sono immature, attaccate dal marciume o, ancora, provenienti da territori non vocati.
Quindi le caratteristiche finali di un vino bianco secco dipendono, in larga misura, dalle condizioni nelle quali si svolgono le differenti operazioni pre-fermentative: raccolta, pigiatura, pressatura, chiarificazione dei mosti.
 
L’estrazione selettiva dei costituenti dell’uva, deve essere gestita in funzione delle varietà a disposizione; la vinificazione di una varietà a bacca bianca, non significa soltanto condurre la fermentazione alcolica di un mosto o dell’uva pigiata, ma anche e soprattutto estrarre dalla bacca dell’uva la parte migliore, ossia la quantità ottimale di sostanze determinanti per la qualità di un vino e limitare, il più possibile, la diffusione di quelle molecole che svilupperanno dei difetti olfattivi o gustativi.
Nella vinificazione in bianco l’estrazione delle sostanze nobili della bacca è completamente differente da come accade per la vinificazione dei rossi, poiché, eventuali macerazioni si svolgono prima della fermentazione alcolica.
A differenza dei vini rossi, i vini bianchi possono essere secchi o contenere una quantità di zuccheri residui (da qualche grammo a numerose decine, talvolta più di un centinaio di grammi per litro), l’acidità può variare in proporzioni relativamente importanti (da 4,5 a 9 g/L di acido tartarico), inoltre, i vini secchi possono subire o meno la fermentazione malolattica.
Come per i vini rossi, i bianchi possono essere da affinamento o giovani, vale a dire adatti a migliorare con lo sviluppo di profumi nel corso del loro invecchiamento in bottiglia o al contrario destinati ad essere consumati giovani, poiché non in grado di reggere all’usura del tempo. Allo stesso modo, esistono dei vini bianchi “boisés” parzialmente o totalmente elaborati in fusti di legno; infine, come per i rossi, alcuni vini bianchi si distinguono per il loro carattere ossidativo (Jerez, vins Jaunes), mentre la maggior parte sono elaborati al riparo più o meno completo dall’ossigeno e sotto protezione di antiossidanti come il diossido di zolfo o l’acido ascorbico, al fine di preservare gli aromi.
 
La finezza, una struttura acida adeguata e l’intensità dell’aroma varietale sono le qualità ricercate in un vino bianco secco. La sua personalità dipende dunque dall’espressione del vitigno, o più esattamente dal profilo aromatico-gustativo particolare che questi estrinseca in un certo territorio.
Lo stato sanitario e lo stadio di maturazione, in particolare aromatica, dell’uva sono i criteri essenziali di selezione della materia prima destinata a realizzare un vino bianco secco di qualità.
Tuttavia, la maturazione ottimale delle uve, siano esse bianche o rosse, è difficile da definire; essa non corrisponde a una nozione universale: dipende dalla latitudine del vigneto, dal clima, dall’annata, dal vitigno, dalla particella, dal tipo di vino che si desidera o si può elaborare.
 
Se trattiamo uve destinate a produrre dei vini bianchi secchi aromatici, la maturità non può essere definita soltanto dalla ricchezza in zuccheri e dall’acidità dei mosti, ma interviene in maniera determinante anche la composizione degli aromi e dei loro precursori.
La genesi di questi differenti aromi nel vino è anche relativamente complessa; alcuni esistono allo stato libero nelle uve, altri si formano a partire da precursori contenuti nel mosto sia durante la fase pre-fermentativa sotto l’azione degli enzimi dell’uva, sia nel corso della fermentazione alcolica in relazione al metabolismo dei lieviti. Esiste, pertanto, nelle uve un potenziale di odori erbacei indesiderati e un potenziale di aromi fruttati che si auspica di ritrovare nel vino.
La vendemmia, dunque, deve realizzarsi in condizioni tali che le uve raccolte siano sane e che la loro maturità enologica (zucchero, acidità, aroma) sia la più omogenea possibile. Bisogna anche evitare, nel vendemmiato, la presenza di foglie, di terra, di frammenti diversi, ecc.
Dal momento della raccolta a quello del ricevimento in cantina, le uve devono essere conservate il più possibile intatte per limitare l’ossidazione dei mosti. È preferibile che la raccolta sia fatta ad una temperatura ambientale al di sotto dei 20 °C, nei luoghi a clima caldo, può essere condotta di notte o di mattina.

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